Filosofo e critico letterario tedesco, Walter Benjamin fu una delle personalità più interessanti della cultura tedesca tra le due guerre. Nato a Berlino da una famiglia della borghesia ebraica, studiò filosofia a Freiburg, Berlino, Monaco e Berna. Iniziò la sua carriera di studioso di letteratura pubblicando nel 1928 Ursprung des deutschen Trauerspiels (trad. it., Il dramma barocco tedesco, Torino, Einaudi 1971), vero e proprio trattato di filosofia dell'arte con il quale in un primo tempo (nel 1925) Benjamin sperava di conseguire la libera docenza in letteratura tedesca presso l'Università di Francoforte. L'incomprensione di questo pregevole saggio (e probabilmente un generico pregiudizio antisemita) da parte del docente di letteratura tedesca Franz Schultz e del docente di estetica Hans Cornelius impedì a Benjamin di ottenere la libera docenza, costringendolo a vivere in modo alquanto precario. Dopo la pubblicazione del libro egli divenne una delle personalità più note sia tra le cosiddette "avanguardie artistiche", sia nel milieu filosofico francofortese, il che gli consentì di stabilire rapporti di collaborazione abbastanza regolari con diversi quotidiani e riviste tedeschi, tra i quali il "Literarische Welt" e la "Frankfurter Zeitung", sui quali pubblicò quasi tutti i suoi scritti sino al 1933.
Amico fraterno del filosofo Ernst Bloch (1885-1977), uno dei massimi teorici dell'estetica espressionista, e cugino del filosofo Theodor Wiesengrund Adorno, nel 1926-27 fece un viaggio a Mosca, dove incontrò il grande poeta sovietico Majakovskij. Tornato da Mosca con un grande entusiasmo per le realizzazioni del nuovo regime sovietico, grazie alla regista e attrice russa Asja Lacis conobbe a Berlino Bertolt Brecht, con il quale iniziò una interessante collaborazione, che lo portò ad occuparsi sia di teatro che di radiofonia.
Nel 1933, all'avvento del regime nazionalsocialista lasciò precipitosamente la Germania, presagendo la barbarie che nel giro di pochi mesi avrebbe trasformato il Paese. A differenza di molti suoi amici intellettuali ebrei e marxisti, tuttavia, non cercò di abbandonare l'Europa, ma si stabilì a Parigi, dove sino al 1940 continuò a scrivere e a pubblicare. Risalgono a questo periodo il saggio Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit (in Zeitschrift für Sozialforschung, 1936-37) [trad. it., L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966], ancora oggi fondamentale per comprendere nella sua interezza l'estetica del Novecento, le Thesen zur Geschichtsphilosophie, postume (trad. it. Tesi sulla filosofia della storia, nella raccolta Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1967) e Das Passagenwerk (trad. it. I "passages" di Parigi, in Opere complete, vol. IX, Torino, Einaudi, 1987), incompiuta e postuma. Nel 1937 pubblicò con lo pseudonimo di Detlef Holz, presso una piccola casa editrice svizzera, il volume Deutsche Menschen. Eine Folge von Briefen (trad. it., Uomini tedeschi, Adelphi, Milano 1979), nel quale raccoglieva lettere scritte da grandi intellettuali tedeschi del XVIII e del XIX secolo, nell'intento di dimostrare come l'autentico "spirito tedesco" fosse del tutto incompatibile con l'ideologia nazista . Grazie allo stratagemma dello pseudonimo, il librò venne venduto anche nella Germania nazista e venne certamente letto anche da intellettuali vicini al regime, che tuttavia non ne colsero il carattere eversivo rispetto alla ideologia dominante. Così, Deutsche Menschen fu l'unico libro di autore ebreo, contenente in epigrafe una esplicita dichiarazione di opposizione al regime nazista, che circolò in Germania negli anni Trenta e Quaranta. Come scrisse nel dopoguerra Theodor W. Adorno, naturalmente il libro non produsse alcuna eco politica:
«Quanti allora leggevano di questa letteratura erano già oppositori del regime; è difficile che il libro ne abbia creati di nuovi. Ma Benjamin condivideva con noialtri fuorusciti l'errore di credere che spirito e astuzia riuscissero a qualcosa contro un potere che non considera lo spirito come un'entità per sé stante, ma solo come un mezzo utile per i suoi fini, e perciò non ha motivo di temere alcun confronto con esso» [T.W.Adorno, nota a Uomini tedeschi, cit., p. 148.
Quando le truppe tedesche, nel giugno del 1940, entrarono a Parigi, Benjamin fuggì nel Sud della Francia e cercò con altri profughi ebrei di attraversare la frontiera spagnola, con l'intenzione di raggiungere il Portogallo. A Port-Bou il gruppo del quale Benjamin faceva parte venne fermato dalle guardie spagnole, che minacciarono di consegnare i profughi alle autorità tedesche. Si trattava di una minaccia che non avrebbe avuto effetto (il giorno dopo i profughi vennero rilasciati e poterono proseguire la lorto fuga), ma fece una grande impressione su Benjamin, che durante la notte, mentre si trovava in stato di fermo, si suicidò, volendo ad ogni costo evitare di cadere prigioniero dei nazisti.
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